"Successe allora, dopo che il sospetto dell’accaduto si fu ben diffuso per la città, che all’improvviso una gran folla si riversò nelle piazze, e si scagliò furiosamente contro il cardinale Crescenzio, costringendolo alla fuga. Il cardinale, spaventato, lasciò la città e si recò in gran fretta presso il re; quindi gli riferì tutto quello che era successo a Benevento […]. Dopo di questo il popolo, raccoltosi in una sola massa, armi in pugno, andava gridando chiaramente che non dovevano essere rispettati i patti stipulati con re Ruggero: "non vogliamo assolutamente essere alleati col re, e trovarci a soffire il caldo ed il sudore delle guerre assieme ai Siciliani, i Calabresi e i Pugliesi! Noi che siamo nati in posti così tranquilli, e che non siamo stati addestrati ai pericoli dell’esercizio militare, non dobbiamo aver alcun accordo con un re di questo tipo". Dopo che furono premesse queste cose il principe Roberto, e il conte Rainulfo, ricevuti i messi beneventani mandarono loro parole di pace e di garanzia: "Voi ben sapete che il principe, il conte, e Raone di Fragneto e Ugo Infante, mediante un patto giurato, rimetteranno d’ora in poi e per sempre a voi beneventani tutti i balzelli e i tributi che eravate soliti pagarci, purchè non concediate aiuto né a noi, né a Ruggero. In verità non vogliamo ricevere da voi aiuti in questo momento, poiché ci preoccupiamo che la città non abbia da subire danni; vogliamo tuttavia passare sicuri e, senza alcun timore, rimanerci". In breve, il principe e il conte Rainulfo, accompagnati dai loro militi, vennero al ponte Maggiore, e davanti all’arcivescovo Landolfo e a una folla di beneventani, assieme ai suddetti baroni, giurarono. Giurarono anche fedeltà a San Pietro e stabilirono che in uno scritto sigillato venisse annotato tutto l’ordine del trattato, e la regolarità dei giuramenti; il testo di quell’accordo fu poi esposto su tutte le porte della città, a memoria della posterità".